Tosco, Miglio e Lenzi - INFOTRIAL

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Tosco, Miglio e Lenzi

Gare e calendari
 


 

18 giugno 2013


Tre campioni.
Giovanni Tosco, Donato Miglio e Fabio Lenzi


Galeotta fu la prima gara che andai a vedere con papà, zio ed un loro amico a San Pellegrino Terme, ultimo appuntamento del tricolore 1988, nel quale Donato Miglio vinse con la Fantic il titolo nazionale in casa di Diego Bosis, in seguito non saprei indicare il numero di volte che mi incollai al televisore per vedere “Tecnique du trial”, VHS che Fantic regalava al momento dell’acquisto del 305 nel 1989, indefinite poi le volte che ho letto “Tuttotrial” di Giulio Mauri, omaggio di un vicino di casa per la prima comunione.

Tre frammenti dell’inizio di una passione, quella per il trial.

Un autografo mi fece conoscere Donato Miglio, Tuttotrial invece mi presentò Giovanni Tosco che negli anni a venire incontrai nel Campionato Regionale Piemontese, Fabio Lenzi invece lo vidi in gara nel 1991 nel Masters Beta di Pallavicino con la Tr35 50cc.

Da allora sono passati più di vent’anni, e questi campioni sono ancora in piedi sulle pedane, per questo li abbiamo intervistati presentandogli una serie di domande, cui sono seguite risposte che hanno fatto riaffiorare racconti inediti.

 
 

Una lunga carriera, raccontaci degli esordi e come si riesce a rimanere in forma e ad alto livello per tanti anni.

Tosco: (Classe 1942 partecipa al Campionato Italiano Epoca e al Regionale Piemontese) Inizialmente cominciai a correre nel 1968 nelle gimcane insieme al mio vicino di casa, amico e purtroppo compianto Gianfranco Mulatero, i costi erano irrisori infatti la stessa moto veniva utilizzata da tutti i concorrenti di una categoria con un totale di due o tre moto in tutto.

Partecipando a queste gare a Pinerolo (1969) sentimmo parlare per la prima volta del trial, così partimmo per andare a scoprire questo sport presentandoci con le nostre moto da gimcana, scoprendo immediatamente che i nostri mezzi non erano idonei, così abbiamo studiato le moto presenti (Gilera, Mv, Giovanni Priotti) che erano modificate per permettere ai piloti di guidare in piedi, così io preparai un Beta e Mulatero un Mival e ci presentammo alle prime gare in quel di Pinerolo.

Scoprimmo così che il nostro passato in Gimcana era una valida base per il trial, così appassionandoci sempre più io acquistai il primo Montesa 247.
Nel 1972 conoscemmo dei piloti stranieri che ci trasmisero i primi rudimenti del trial visto che fino ad allora, affrontavamo gli ostacoli impattandoci contro apprendemmo le tecniche di guida, le malizie ed i regolamenti, dato che fino a quel momento sapevamo solo che dovevamo contare il numero di piedi posati a terra (dopo le cinque penalità ogni piede veniva conteggiato come 5 punti in più).

Per mantenersi ad un buon livello penso che basti continuare ad allenarsi con continuità, io purtroppo smisi nel 1985 con la chiusura dell’SWM (era pilota ufficiale) e mi dedicai per alcuni anni al tennis anche in virtù del fatto che nel campionato italiano ero ormai fuori dai giochi per la vittoria.
Da quando sono in pensione poi pratico regolarmente il tennis nei giorni feriali, mentre nei weekend vado in moto con alcuni allenamenti settimanali prima delle gare, ovviamente con il trascorrere delle stagioni ho dovuto abbassare il livello ma l’importante è divertirsi.

Miglio: (Classe 1966 Team manager Beta e tester della casa fiorentina) Agonisticamente la mia carriera è durata molte stagioni, per una decina sono stato fra i primi dieci del mondiale e per 14 ho lottato per la vittoria del tricolore, un periodo lunghissimo agonisticamente parlando.

Ciò che ti stimola per rimanere ad alti livelli è il desiderio di volersi migliorare anche quando vinci, l’inseguire gli obbiettivi che ci si pone, lavorando giorno per giorno per arrivare al risultato finale.

Lenzi: (Classe 1975 partecipa al Campionato Italiano Indoor, pilota del gruppo sportivo Fiamme Oro della Polizia di Stato e Tecnico FMI) Penso che l'elisir di lunga vita nel trial sia la passione, provando piacere nel praticarlo allenandosi per fare bene.
Per rimanere a certi livelli bisogna allenarsi in moto e oltre a questo palestra, bici, corsa unita ad una vita equilibrata, sacrifici che non pesano proprio perchè spinti dalla passione.
E' la mia ventiquattresima stagione di gare, visto che ho iniziato nel 1990 con la moto dopo cinque anni di biketrial e dal 1994 corro nella massima categoria.

 
 

Il ricordo più bello

Tosco: Sicuramente l’emozione più grande l’ho provata vincendo il Campionato Italiano nel 1975 e 76, risultati che per uno sportivo rappresentano una soddisfazione enorme, poi alcune partecipazioni internazionali e le prove del Campionato del Mondo concluse al decimo posto, poi il rammarico per la piazza d’onore nell’Italiano del 1977 e le sei partecipazioni alla Scottish, ricordi meravigliosi.

Con la FMI abbiamo fatto un viaggio Cina e con l’SWM volevamo raggiungere la vetta del Kilimangiaro però essendo un parco ci furono negati i permessi nonostante le pressioni fatte all’ambasciatore italiano, chi è salito sul Kilimangiaro in moto c’è riuscito simulando un viaggio con cassa al seguito, contenente la moto che poi veniva montata una volta entrati, anche se la vetta non si riesce a raggiungere con le due ruote.

Miglio: Ricordo la prima vittoria al mondiale in Svezia, ero partito da solo e mi avevano ospitato dei conoscenti, la gara si adattava molto al mio stile di guida e tornare a casa con una vittoria rappresentò un emozione incredibile, il coronamento di tanti sacrifici, come il primo titolo italiano vinto in casa di Diego Bosis, il mio avversario principale dove mia moglie mi accompagnò.

Ho molti bei ricordi e tutti hanno come protagonista Diego, sia che si tratti di emozioni o delusioni, lui fa parte dei momenti più importanti della mia vita, nei primi anni di mondiale indoor viaggiavamo insieme in furgone, poi vittorie, litigi, frammenti che hanno contribuito a costruire il mio carattere e la carriera sportiva.

Lenzi: Sono fortunato perchè ho ricordi molto belli, i più significativi sono stati il primo campionato italiano outdoor conquistato a Bettola (Pc) nel 2003, titolo che è arrivato dopo diversi anni in cui provavo a raggiungere la vittoria finale, poi sicuramente l'ultimo del 2011 che ha rappresentato un traguardo molto prestigioso, quello dei sette titoli italiani che nessuno, a parte Donato Miglio è riuscito a raggiungere, l'ultimo visto che da questa stagione non partecipo più in pianta stabile all'italiano outdoor ma solo all'indoor con la prospettiva futura di continuare nel settore ma con altri ruoli.

 
 

Cosa ti ha spinto al ritiro/ riduzione degli impegni agonistici?

Tosco: Ero pilota ufficiale e con il fallimento dell’SWM mi ritrovai senza sponsor, visto che tutto quello che è sport lo faccio per divertirmi essendomi innamorato del tennis mi dedicai anima e corpo a questa nuova passione.

Miglio: Prima di smettere ho avuto la fortuna di correre con Beta, il mio ingresso in questa azienda è nato anche per svolgere il ruolo di collaudatore, così quello che era il mio limite come pilota di cercare nella moto quello che non riuscivo a dare, è diventato base del mio lavoro, testando e studiando le modifiche utili a migliorare il mezzo meccanico.

Vincendo 4 titoli italiani la fine della carriera si è allungata molto rispetto al progetto iniziale, ciò mi ha permesso di rendere più leggero il passaggio dal ruolo di pilota a quello di personaggio impegnato nell’ambiente ma in altre vesti.

Ho notato che terminando la carriera in poco tempo la mia prestazione fisica è cambiata notevolmente, oltre alla velocità di riflessi che avevo prima mi è mancata l’adrenalina che mi portava la gara.  

Lenzi: Ogni stagione diventa più difficile perchè l'età avanza e soprattutto impegni collaterali, sportivi, lavorativi e famigliari aumentano, nel mio caso la mia fortuna è di nutrire una fortissima passione per il trial, la voglia ed il tempo per allenarmi ed infine non aver mai subito particolari infortuni, questo mix di fattori mi ha permesso di essere ad alti livelli alla soglia dei 38 anni.

 
 

Fino a che età si può correre ad alti livelli?

Tosco:
Credo che la dimostrazione di una carriera prolungata ad alti livelli oltre i 35 anni sia stato Diego Bosis, anche io nel 1982 feci secondo all’Italiano ma il livello era più basso, mentre oggi solo atleti super allenati e con qualità eccezionali riescono a raggiungere risultati prestigiosi.

Lenzi:
Credo che come ha dimostrato Diego Bosis si può rimanere in cima alle classifiche fino alle 40 primavere.

Miglio: Credo sia molto relativo, secondo me si può correre fino a quando si può ottenere la licenza.

 
 

I giovani, perché non c’è più la passione per le moto e perché l’Italia non è più protagonista mondiale?

Tosco:
Il trial allora era umano, potevi iniziare in età adulta oggi invece i piloti li considero dei circensi, ragazzi giovanissimi che crescono in moto con doti eccezionali.

Credo che per sperare di vedere un Italiano in cima alle classifiche del mondiale bisognerebbe trovare un sedicenne che già a quell’età abbia un livello pari o superiore a Matteo Grattarola, inoltre credo che per ora abbiamo toccato il top con Bosis, Miglio, Galeazzi e che attualmente arrivare nei dieci del mondiale per un pilota sia un emozione pari a quella che provavamo noi nell’era pionieristica.

Negli anni settanta i ragazzi andavano a scuola con le moto da trial e come uscivano andavano ad allenarsi anche perché non vi erano i divieti che negli anni a seguire hanno limitato la pratica del nostro sport.

Lenzi:
Oggigiorno i ragazzi possono avere molte più distrazioni e passioni di una volta, quindi è più difficile che si avvicinino alla moto.

L'impegno con la Federazione Motociclistica Italiana per aiutare i giovani è giunto al terzo anno, con Francesco Iolitta seguiamo sette ragazzi che fanno parte del Progetto Giovani Trial, con i quali settimanalmente ci alleniamo (due appuntamenti n.d.r) ai quali si aggiungono nove stage di tre giorni ciascuno per dare modo anche a chi va a scuola di partecipare senza problemi.

Un progetto che mi da la possibilità di mettere a disposizione di questi ragazzi la mia esperienza, con poi la possibilità di seguirli nelle gare internazionali, compatibilmente con i budget a disposizione che in questo periodo sono un po' limitati, nella speranza di trovare giovani che possano salire nei piani alti delle classifiche delle competizioni internazionali.

Miglio:
Il nostro livello nazionale è più basso dei paesi stranieri e nonostante gli sforzi fatichiamo a trovare dei campioni, il calo degli appassionati sicuramente rende più difficile trovare nuovi leader, i ragazzi che sono interessati dal progetto giovani FMI non sono secondi a nessuno, probabilmente c’è qualcosa che non riusciamo a scovare per fare il salto di qualità.

 
 

Il No Stop.

Tosco:
Non vedo il no stop nel trial moderno, a me piacerebbe ma bisognerebbe resettare tutto e ricominciare da zero e per i piloti moderni abituati a spostamenti volèè è un cambiamento epocale, una fatica immensa, un modo completamente diverso di interpretare il nostro sport e sicuramente più impegnativo vista l’impossibilità di fermarsi, dico ciò dopo aver visto gli allenamenti di alcuni ragazzi impegnati nel tricolore, ormai guidano spostando e facendo il surplace naturalmente, inoltre i giudici faticano maggiormente a giudicare.

Alla Scottish invece la tecnica no stop è un vantaggio oltre ad evitare il cinque se riesci a proseguire in zona in maniera continuativa riesci a posare meno piedi a terra.

Lenzi:
Personalmente non credo che il no stop sia la soluzione ai problemi del trial moderno, allenandomi con i ragazzi in inverno devo però dire che per certi versi è più divertente rendendo meno monotono l'allenamento, in gara però un minimo errore porta al cinque e giudicare la fermata molte volte non è facile.

Parlando con i ragazzi del Progetto Giovani Trial che partecipano al mondiale, tutti mi hanno detto che con questa formula le zone sono più semplici e nessuna ti porta a timbrare il cinque per evitare inutili rischi, questo sicuramente è uno degli aspetti positivi, molto dipende dagli organizzatori e tracciatori che se riescono a rendere scorrevoli le sezioni eliminano alla radice i problemi che possono nascere su eventuali stop.

Miglio:
Senza dubbio chi pratica il trial con la possibilità di fermarsi fatica ad accettare il cambiamento, però la disciplina è diventata talmente difficile come approccio che rischia di limitare l’ingresso di nuovi appassionati in futuro, non è possibile che anche un giovane alle prime armi debba per forza spostare per superare un ostacolo.

Quello proposto dai campioni è un bellissimo spettacolo ma chi torna a casa dopo una gara di mondiale, difficilmente compra la moto da trial.

Il problema è che siamo arrivati ad un punto dove il trial ha avuto un calo notevole di praticanti sì dettato dalla crisi economica, ma anche dall’estremizzazione della disciplina, il voler cambiare totalmente è dettata dalla volontà di rendere più semplice l’approccio, il desiderio di non far morire uno sport ma provare a trovare una soluzione al problema.

Il no stop è nato dopo aver ragionato anche su una possibile liberalizzazione totale per i gesti del pilota, ma questo avrebbe portato a rendere ancora più estremo il trial.

Inoltre rendendo meno estremi gli ostacoli si può eliminare la figura dell’assistente che ha contribuito a far crescere i costi, non è normale che un ragazzino debba per forza avere il seguidores per allenarsi.

Certamente si ragionerà in futuro sui risultati del no stop, ed eventualmente si valuteranno eventuali modifiche.

 
 

Figli e genitori

Tosco:
Ho insegnato solo a nipoti ad andare in moto, e ho seguito un amico fino a quando andava a scuola, dopo con l’ingresso nel mondo del lavoro ha dovuto rinunciare alla pratica del trial, credo che una passione la si debba avere nel DNA o frequentando compagnie che hanno una passione per il trial.

La moto la reputo un mezzo di trasporto, se riesci ad utilizzarla come mezzo per svagarti è ancora meglio, la moto da trial è troppo specialistica e quindi un ragazzo in città non può usarla.

Lenzi: Mio figlio Nicolò per il momento non pare molto interessato al trial, ho provato a comprargli la bici da trial ma devo ammettere che per ora preferisce la racchetta da tennis.

Miglio: La relazione padre figlio è sempre molto difficile ed in continua evoluzione, mia figlia è stata coinvolta dall’attività sportiva che praticavo e venendo alle gare è naturale che salisse sulla moto e provasse, la grossa criticità è stata che quando io andavo alle gare per seguire Chiara molte erano le distrazioni che le altre persone mi portavano, così è nato un po’ di conflitto in lei, non aveva velleità di raggiungere risultati altisonanti, ma solo di divertirsi e quando ha avuto la possibilità di essere più autonoma, di uscire con le amiche, ha optato per quest'ultima scelta.

Apprezzo famiglie come i Lampkin che sono riusciti a trasmettere la passione di padre in figlio, con un rispetto reciproco fortissimo, inoltre è difficilissimo non avere aspettative nei figli e loro nonostante rappresentino una famiglia con più generazioni di campioni, con gli occhi di tutti puntati addosso, sono riusciti a raggiungere grandi risultati.

Come avete potuto leggere nei tre campioni protagonisti di questa chiacchierata la passione arde come il primo giorno, segno che gli anni passano ma il trial resta sempre in cima ai pensieri.

 
 

Testo Christian Valeri

Foto Giovanni Tosco si ringrazia Giovanni Tosco per le immagini d'epoca, quelle moderne invece sono di Christian Valeri

Foto Donato Miglio web per il poster Fantic, immagini con la Gas Gas si ringrazia la Motohidee, Frank Albertoni per la foto del Team Locca Miglio, foto Christian Valeri per l'immagine con la figlia Chiara e Beta Rev 4 Tempi

Foto Fabio Lenzi di Christian Valeri

 

























 
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