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11 Novembre 2013
Considerazioni di un appassionato praticante riguardo il No Stop
Abbiamo già trattato il discorso no stop su infotrial (link) ed ora pubblichiamo una lettera che un appassionato ha inviato ad Albino Teobaldi, coordinatore nazionale FMI per il Trial, ad amici e alcune testate.
Vi consigliamo di leggere con attenzione.
Caro Albino,
come promesso mantengo fede a quanto ti promisi in occasione della prova del campionato Europeo svoltasi in Italia al riguardo di un mio giudizio sull’introduzione del no-
Quella fu la prima occasione in cui testai di persona il nuovo regolamento.
Come ben sai non ero favorevole già dall’inizio, quando ancora se ne parlava ma ancora non era stato messo in atto; queste mie righe sono adesso legate sia alle mie impressioni durante le due gare che ho fatto in Norvegia e in Svezia a completamento del campionato ma anche e soprattutto a quello che ho sentito dire, letto e visto.
Gli aspetti più critici che emergono a mio avviso con questo nuovo regolamento sono i seguenti:
1) Per i giudici il no-
Il metro di giudizio spesso varia da gara a gara e quel che è peggio da zona a zona. Non solo, spesso l’assegnazione di un 5 rappresenta un fardello di penalità che può davvero modificare il risultato finale di una gara o di un campionato.
Ho in mente due esempi emblematici accorsi quest’anno che è inutile che descriva a chi, come te è più dentro di me in questa questione.
Mi riferisco all’ultima prova del mondiale e la penultima dell’italiano in entrambi i casi sono emerse polemiche per un 5 che avrebbe potuto cambiare le carte finali.
2) Per chi guida, ma in questo caso parlo di una sensazione personale, è angosciante vivere nel timore che un sasso che ruzzola sotto la ruota o un minimo intoppo possa bloccare anche per un istante la moto e condannarci. Insomma si perde serenità di guida nel timore di vedersi assegnare un inutile 5.
3) Infine riporto una sensazione generale di calo di spettacolarità riferita dal pubblico, e anche di questo è inutile parlarti.
Lo vedi bene da solo.
Questi tre aspetti credo siano difficilmente non condividibili se si ha un minimo di apertura mentale.
Sai bene che scrivo questo per pura passione e amore verso questo sport che tanto mi ha regalato.
Ho grande rispetto del tuo impegno e non invidio il peso del tuo ruolo. Capisco anche che tu possa trovarti in condizioni imposte da schemi e pressioni che provengono dall’alto, ma ritengo anche non sia giusto che le impressioni del “popolo” restino solo come parole spante all’aria anche perché è con queste che tu puoi fare pressione.
Meglio il nero su bianco specie se si è convinti che quello che si vuole esprimere possa in qualche modo far bene al nostro sport.
Per questo è mia idea portare a conoscenza anche altri di questa mia lettera e credo che tu non abbia niente in contrario vista la tua apertura mentale.
E’ triste pensare che il peggior sordo sia chi non vuol sentire e se penso alle parole del responsabile FIM Sig Vito Ippolito apparse su FUORI strada in coda al bel servizio di Pupi Alifredi sul trial delle nazioni mi rendo conto di quanto il tuo ruolo sia difficile.
Non condivido il suo giudizio sul trial no-
Sarebbe come voler fermare il tempo nel trial.
Se il limite del peso vuole essere un limite al costo della moto invito chiunque ad entrare in un negozio di buone biciclette e scoprire che una bici stradale o una mountain bike costa quanto una nostra moto.
Senza contare che in entrambi i settori i rivenditori contano molto economicamente sull’after market, cioè su coloro che non si accontentano del mezzo di serie e aggiungono preziosismi e piccole chicche, spesso solo per il gusto di guardarsele montate su o per far scender il peso di 100 grammi… Il rischio più grosso nell’applicare questo regolamento a tappeto è quello di perdere anche quei pochi che già ci sono. In questo momento così difficile già mantenere il numero intatto è un successo.
Credo anche che nessun padre o spettatore che ci vede fare evoluzioni anche a un metro da casa sua o nella piazza del paese decida il giorno dopo di comprare la moto al figlio o per se.
Tanto meno se vede il nostro sport in TV.
O comunque restano un numero inferiore rispetto a quelli che potremmo perdere introducendo il no-
Sai anche che ritengo sia molto facile essere critici e poco propositivi.
E’ per questo che termino la parte “anti no-
Veniamo alle proposte.
Io interpreto il trial come evoluzione di tecnica di guida e tecnologia delle moto finalizzato alla semplificazione di un atto.
Nel trial come lo concepisco io renderei fermo il limite di tempo massimo, fondamentale per velocizzare lo svolgimento della gara, ma in zona permetterei spostamenti e arretramenti in modo da rendere il compito del giudice più semplice possibile e difficilmente sindacabile.
Il malumore di un pilota o il fatto che si convinca di aver ricevuto una ingiusta penalizzazione è fondamentale perché resti fedele allo sport.
Mi concentrerei sul recuperare tutti quei piloti che hanno la moto ma non fanno gare.
Dunque trial facile e tante categorie in modo da spalmare i soliti vincitori e dare più possibilità di posizioni di rilievo anche a il solito esimo, Quelli che si lamentano a fine gara della facilità delle zone, cambino categoria.
Quanto all’evoluzione tecnica dei mezzi lascerei libero il corso.
Perché limitarne ad esempio il peso? Il problema del calo del numero dei trialisti non è il costo della moto come accennavo prima bensì il periodo socio economico in cui viviamo.
Non parlo solo della crisi economica che più o meno tutti respirano ma anche delle mille facilitazioni e attrazioni che un giovane ha.
Lo stesso giovane che dovrebbe solcare i nostri campi da trial; campi da trial che invece sono pieni di pseudo mummie trialistiche come chi scrive.
A differenza del trial, cross e enduro hanno maggior riscontro di pubblico e piloti eppure il costo del mezzo e soprattutto la sua gestione, per non parlare di una stagione di gare, hanno un impatto economico inconfrontabile.
La verità è che il trial ha una fondamentale caratteristica e cioè che per ottenere un minimo di soddisfazione pratica ci vuole molto impegno e spirito di sacrificio, per solcare una pista da cross basta una moto e anche se lentamente, riesci a percorrerla…magari non con i tempi di Cairoli.
Nella società del “tutto e subito” un giovane abbandona rapidamente il trial perché prima di vedere un risultato di tempo e fatica ne passa.
In sintesi ritengo il no-
Oltre a non aver attirato nuovi piloti, con il nuovo regolamento si rischia invece di allontanare chi già era dentro.
Spero che tutto rientri come una bolla di sapone esattamente come accaduto alcuni anni fa quando fu tentata analoga azione anche se evidentemente si preferisce rischiare di ribatterci la testa.
Ti scrivo queste righe con l’affetto di un amico e sottraendo tempo prezioso alla mia famiglia e al mio lavoro, considerando che prima di mettere nero su bianco le cose vanno ben ponderate e come vedi ci ho pensato molte volte ma finalmente la mia convinzione è emersa.
Un abbraccio
Marco Marranci